FATTORE UMANO E SICUREZZA SUL LAVORO

Pensare alla sicurezza sul lavoro dal punto di vista tecnico e tecnologico risulta ovviamente condizione necessaria e imprescindibile, ma non più sufficiente: è appurato, infatti, che anche in contesti lavorativi altamente tecnicizzati l’infortunio continua a verificarsi. Non si può infatti dimenticare che dietro ad un incidente o ad un infortunio c’è sempre un individuo che pensa, prende delle decisioni e si comporta in una certa maniera, per questo è importante affrontare il tema della sicurezza e della salute in maniera integrata, analizzando la “variabile-uomo”. 

Nella ricerca delle condizioni di sicurezza, comunque, è necessario partire dalla constatazione che i rischi sul lavoro sono una realtà che non può essere totalmente eliminata. Per quanti sforzi si facciano, è praticamente impossibile creare condizioni di lavoro che presentino zero rischi. L’errore umano non può essere definitivamente eliminato, ma è possibile quantomeno giungere alla sua individuazione e minimizzarlo favorendo la diffusione di “ Non-technical Skills” che, complementari alle competenze di carattere tecnico, possono contribuire all'attivazione di performance maggiormente sicure ed efficaci. In questa direzione, risulta cruciale analizzare e soffermarsi su processi troppo spesso trascurati quali la percezione del rischio, l'attribuzione di significato, la decisione e l'orientamento discrezionale della propria condotta sul luogo di lavoro, ponendo l'accento su quello che viene definito “Fattore umano”.

Cosa intendiamo per consapevolezza situazionale? Endsley (1995) l’ha definita “la percezione degli elementi dell’ambiente presenti all’interno di un periodo di tempo e di un determinato spazio, la comprensione del loro significato e la proiezione del loro status nell’immediato futuro”. Il presupposto, quindi, è un monitoraggio continuo dell’ambiente.

Quali sono gli elementi che compongono la consapevolezza situazionale? Sempre secondo il modello di Endsley, è possibile individuare tre aspetti fondamentali:

- Raccolta di informazioni

- Interpretazione delle informazioni

- Anticipazione di stati futuri

Rispetto alla raccolta di informazioni, vi possono essere criticità quali per esempio dati non disponibili oppure difficili da individuare/percepire, il fallimento nell’analisi o nell’osservazione dei dati stessi o una cattiva interpretazione di questi ultimi. In relazione invece alla fase di interpretazione delle informazioni, le criticità possono emergere per la mancanza di un modello mentale errato o per fallimento a livello della memoria.

Per quanto concerne i fattori che possono influenzare questa abilità cognitiva, è possibile porre l’accento sullo stress lavorativo (incide negativamente sulla concentrazione, sulla memoria e riduce le capacità percettive), sulla fatica, sul carico di lavoro e sui fattori di distrazione. Anche una carenza nel bagaglio di competenze del lavoratore può determinare una consapevolezza situazionale deficitaria.

La percezione del rischio, invece, è da intendersi come capacità di individuare, prima possibile, una fonte di pericolo. E’ un processo personale: decidiamo quindi di affrontare o evitare la situazione di rischio in modo soggettivo. Tale processo condiziona le azioni, le reazioni, i comportamenti, gli atteggiamenti, le scelte, le valutazioni e le decisioni circa un’entità o una situazione potenzialmente pericolosa e le probabilità che tale potenziale di pericolo possa accadere. La percezione soggettiva del rischio non è quindi lineare e non è direttamente proporzionale all’aumento della quantità di pericolo ed è soggetta ad influenze e distorsioni.

Da cosa è influenzata la percezione del rischio? Da diversi fattori quali, ad esempio, le abitudini e le esperienze pregresse (l’individuo tende a sottovalutare i rischi connessi alle abitudini di lavoro, i rischi che si presentano quotidianamente e quelli a bassa probabilità); l’esperienza personale o di altri; l’accettabilità collettiva del rischio, che si modifica nel tempo, nei luoghi, nei gruppi di lavoro, nelle culture ed in rapporto ai valori personali e culturali, all’età, al genere.

Il processo percettivo può essere scomposto in alcune fasi fondamentali: una fase attentiva, nella quale i dati sono filtrati e selezionati, non sempre a livello consapevole, al fine di stabilire gli elementi che saranno accolti per il successivo trattamento; una fase di organizzazione per la quale le informazioni raccolte vengono organizzate in categorie e schemi ossia strutture cognitive. Si arriva poi ad una fase interpretativa in cui la persona attribuisce significato all’informazione raccolta individuandone cause, fondamenti e le possibili implicazioni. Segue una fase di giudizio: il trattamento delle informazioni si traduce nella specifica valutazione di un oggetto, di un evento, di una persona, di una situazione; questa valutazione influenzerà le successive percezioni del soggetto, le sue decisioni e i suoi comportamenti.

Come si può notare i due costrutti descritti sono caratterizzati da dimensioni simili e spesso coincidenti ma, in un’ottica di relazione causa-effetto, sembrerebbe che senza una consapevolezza situazione veramente “allenata” sia improbabile arrivare ad una corretta percezione del rischio. In poche parole, senza un’adeguata consapevolezza della situazione presente, ci si espone con più probabilità a rischi per la propria salute e sicurezza.

Come incrementare/aumentare, quindi, questa cruciale competenza non-tecnica nei contesti lavorativi, per giungere ad un miglioramento nella percezione collettiva dei rischi sul lavoro? Se in ambienti maggiormente rischiosi (sanità e aeronautica su tutti) sono già stati fatti passi in avanti, altri scenari organizzativi non si sono ancora adeguati. La formazione in materia di Non-technical Skills, l’introduzione di check-list e l’addestramento rispetto all’individuazione dei “segnali deboli” possono essere importanti strumenti per andare verso una direzione di ottimizzazione.

Nello specifico, relativamente al mantenimento della consapevolezza situazionale, strategie funzionali risultano essere l’introduzione di adeguati briefing preliminari fra i lavoratori, la salvaguardia della salute dei lavoratori (benessere psicofisico è in questo caso anche sinonimo di “buon funzionamento” cognitivo) e il minimizzare la distrazione e le interruzioni durante l’esecuzione di compiti critici.

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