MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI: RISCHI PER LA SALUTE E PREVENZIONE

Se l’attività di movimentazione manuale dei carichi è da sempre una fonte di rischio per la salute dei lavoratori, in realtà è solo con l’entrata in vigore del D.Lgs. 626/1994 che il legislatore ha affrontato in modo sostanziale gli aspetti di prevenzione in materia. E con la successiva entrata in vigore, il 15 maggio 2008, del Decreto legislativo 81/2008 (Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), il principale riferimento per la prevenzione di questi rischi è oggi costituito dagli articoli 167, 168, 169 del Titolo VI (Movimentazione manuale dei carichi) e dalle indicazioni contenute nell’allegato XXXIII del Testo Unico.

A ricordarcelo e a presentare alcune indicazioni per la prevenzione dei rischi correlati alla movimentazione manuale dei carichi è il volume “ Salute e Sicurezza nelle imprese artigiane e nelle PMI: cosa occorre sapere e cosa si deve fare”, realizzato dall’Organismo Paritetico Regionale per l’Artigianato Lombardia ( OPRA Lombardia) e dai vari Organismi Paritetici Territoriali Artigiani (OPTA).

Nel capitolo “I rischi per la salute dei lavoratori - La movimentazione manuale dei carichi” si segnala che il Testo Unico riporta l’obbligo del Datore di Lavoro “di adottare le misure organizzative necessarie a ridurre il rischio, di valutare le condizioni di sicurezza e salute e di sottoporre alla sorveglianza sanitaria gli addetti alle attività di movimentazione”.

Ricordiamo che l’art. 167 del D.Lgs. 81/2008 intende la movimentazione manuale dei carichi come “le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari”.

Quali sono i rischi per la salute del lavoratore?

A questa domanda il volume risponde ricordando che il D.Lgs. 81/2008 “fa riferimento principalmente alle lesioni dorso lombari, citate con questa espressione in più punti della norma. Nei paesi occidentali le assenze dei lavoratori per questa causa sono infatti da 20 a 30 giorni/anno per 100 lavoratori; inoltre la patologia del rachide, indipendentemente da cause predisponenti, occupa il primo posto tra le cause di non idoneità al lavoro manuale”.

Tuttavia non vanno escluse “altre potenziali situazioni di danno per la salute, quali la discopatia artrosica (caratterizzata da deterioramento dei dischi intervertebrali), l'artrosi dorsale (malattia degenerativa delle placche cartilaginee che delimitano inferiormente e superiormente i corpi vertebrali), il varicocele ed anche quel tipo di ernia inguinale che una volta veniva chiamata ‘ernia da sforzo’”.

E per questa tipologia di rischio è necessaria la sorveglianza sanitaria?

Gli autori segnalano che “definire con precisione in questa sede se è necessaria o meno l’attività di sorveglianza sanitaria non è possibile”. E non bisogna considerare fonte di rischio per la salute del lavoratore “ogni attività di movimentazione”.

In particolare l’allegato XXXIII del Testo Unico indica che “un carico può costituire un rischio quando è troppo pesante, ma viene tolto il riferimento (presente nel D.Lgs. 626/94) alla soglia di 30 kg”. Una modifica che può essere letta con la “volontà di non escludere che la movimentazione di carichi di entità inferiore ai 30 kg possa essere fonte di rischio. Occorre quindi considerare anche quale è la frequenza di movimentazione nell’arco della giornata lavorativa-tipo, se occorre effettuare movimenti di torsione del tronco, eventuali carenze di spazio, la necessità di piegarsi per raccogliere il carico, se il carico è stabile, ecc”.

Insomma si indica che “occorre valutare il rischio”. E proprio a seguito della valutazione “potrà meglio essere definita la necessità di fare ricorso alla sorveglianza sanitaria, la cui obbligatorietà, come si è cercato di spiegare, non sempre è evidente”.

Ci sono Dispositivi di Protezione Individuale da adottare?

Il volume indica che spesso, “non tanto per fare fronte al rischio di malattia professionale, quanto per evitare possibili infortuni, è necessario adottare l’uso di calzature antinfortunistiche”.

Nel volume si ricorda poi che l’articolo 169 del D.Lgs. 81/2008 stabilisce che il Datore di Lavoro:

- deve fornire ai lavoratori adeguate informazioni riguardo al peso e alle altre caratteristiche del carico movimentato;

- deve assicurare ai lavoratori la formazione adeguata in relazione ai rischi lavorativi e alle modalità di corretta esecuzione delle attività.

Inoltre lo stesso articolo “prevede infine che il Datore di Lavoro fornisca ai lavoratori l’addestramento adeguato in merito alle corrette manovre e procedure da adottare nella movimentazione manuale dei carichi”.

Cosa si può fare per migliorare le condizioni di sicurezza?

Il capitolo si conclude ricordando che ovviamente “il modo più semplice per migliorare le condizioni di salubrità è quello di fare ricorso ad attrezzature meccaniche”.

E laddove ciò non risulti possibile, “possono essere adottate misure organizzative (turnazione, cambiamento di mansioni anche nell’arco della giornata, ecc.) idonee a ridurre il rischio”.

Si indica, infine, che diventa significativa l’attività di sorveglianza sanitaria, “che consente di diagnosticare preventivamente situazioni di rischio a carico del singolo lavoratore e di monitorare nel tempo l’insorgenza di eventuali patologie e/o disturbi”. Ed è inoltre utile “eliminare possibili cause di disagio durante le operazioni di movimentazione (pavimenti scivolosi, zone in ombra, ecc.)”.

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